Domenica si è votato in Romania per il primo turno delle elezioni presidenziali, dopo che la precedente tornata era stata annullata in seguito allo scandalo che aveva travolto il candidato vincente, Georgescu, ritenuto legato direttamente a Mosca. Le prove di quel legame sono poi emerse con chiarezza, e le autorità romene hanno deciso di intervenire, ristabilendo le condizioni per un voto libero da ingerenze esterne.
Ma com’è andata questa volta?
Ha vinto George Simion, un altro candidato di ispirazione ultranazionalista e filorusso. Da più parti si è gridato all’inutilità dell’annullamento precedente, indicandolo come un boomerang: quando si tenta di correggere o arginare la volontà popolare, si rischia di rafforzare le spinte antisistema.
Noi non la pensiamo così. Di fronte a tentativi concreti di manipolazione elettorale, le istituzioni hanno il dovere di intervenire. La vera domanda ora è un’altra: perché una parte significativa della società romena sceglie ancora figure che incarnano la protesta radicale? Quali sono le cause profonde del malessere?
Il voto, ricordiamolo, si svolge su due turni. E le forze democratiche hanno ancora una possibilità. Ma ciò che accade in Romania non può essere letto solo come una questione interna: si tratta di un paese strategico, al confine diretto con il conflitto russo-ucraino, e ciò che succede lì riguarda anche l’equilibrio dell’Europa intera.
ELEZIONI IN ROMANIA
Di: @MarcoFattorini
Il vincitore del 1º turno delle presidenziali romene, George Simion, ha 38 anni, è il leader del partito nazionalista di estrema destra Aur (Alleanza per l’unione dei romeni). No-vax, trumpiano ed euroscettico. Si oppone all’insegnamento obbligatorio del genocidio degli ebrei europei durante la 2º guerra mondiale. Alcuni suoi deputati in Aula hanno negato l’Olocausto e dichiarato eroi alcuni legionari fascisti che hanno combattuto il comunismo. Ha chiesto la restituzione di territori ceduti all’Unione Sovietica, oggi appartanenti a Moldavia e Ucraina. Kyiv e Chisinau gli hanno vietato l’ingresso nei rispettivi Paesi. Non considera la Russia una minaccia e vuole sospendere gli aiuti militari all’Ucraina. Un dettaglio non secondario se si pensa che la Romania, oltre ad addestrare i piloti ucraini di F-16, è uno snodo logistico fondamentale per le forniture di armi Nato. Senza dimenticare che la marina militare di Bucarest smina le acque del Mar Nero in cui passa il 70% delle esportazioni di grano ucraino. Sempre in Romania, da cui partono i pattugliamenti aerei dei confini dell’Alleanza Atlantica, sorgerà la base militare Nato più grande d’Europa. Il futuro dell’Ue e del fianco orientale dell’Alleanza Atlantica passa anche da queste elezioni.